Galateo #1: Le basi del buon contegno parte 2



IL SUCCESSO NELLA VITA

GALATEO MODERNO

DI MARIO BRELICH DALL'ASTA


LE BASI DEL BUON CONTEGNO (PARTE 2)



LEGGI FONDAMENTALI DELLA CONVIVENZA CIVILE



 Delicatezza nelle azioni o nei modi di fare

Il senso del tatto va unito sempre ad un comportamento sicuro e calmo, che non riesce mai sgradito, e non urta mai nessuno. Nell'ambizione di mostrarsi sempre padroni della situazione, i giovani errano frequentemente, volendo vincere la loro timidità ed il loro imbarazzo con sfacciataggine e millanteria. Sebbene a volte raggiungano con ciò il loro scopo, si rendono indubbiamente sgraditi e malvisti alla gente che frequentano.

Non è raro il caso che persone molto simpatiche ed amabili, essendo in un'ambiente forestiero si sentano imbarazzate, e per nascondere il loro imbarazzo appaiono superbi, mentre realmente forse non lo sono mai state.

La superbia è incompatibile col tatto. Essa deriva in molte persone dall'opinione erronea, ch'esse sono in tutti i riguardi superiori a quella gente che veramente è loro inferiore, soltanto in certe circostanze. La superbia è ordinatamente  basata su un singolo vantaggio: ricchezza o bellezza, spirito o sapienza o nobiltà, o qualcosa di simile, — mentre gli altri valori restano molto al di sotto della media.

Un uomo che possiede del tatto non fa mai sentire la propria superiorità o il proprio rango. Specialmente non lo farà, se la differenza di età o di posizione sociale non è molto grande e cercherà di cambiare spesso la sua parte con quella del suo avversario di società.

Come abbiamo già ricordato, la delicatezza esige, sempre una modesta postergazione della propria persona. Vi sono persone — come si può tante volte osservare — che entrano in un locale pubblico, o in pubblici mezzi di locomozione, gesticolando e schiamazzando occupano tosto tutti i posti occupabili, non sono mai contenti di niente, hanno sempre pretese e desideri straordinari, criticano tutto, ecc. ecc.: tali persone danno prova di di pochissima delicatezza. Persone che hanno soltanto un minimo senso di tatto entrano in un locale o mezzo di locomozione pubblico senza che nessuno se ne accorga; si adattano perfettamente ai costumi locali, evitano ogni spacconata, ogni stravaganza nel vestirsi o nel contegno, insomma: si comportano con sicurezza e naturalezza, sicché non possano essere sgradevoli a nessuno.

Gente beneducata si assimila sempre all'ambiente dove vive, anche nel vestirsi. È indelicatissimo mettersi scientemente in contrasto colle usanze della società dove si vive; così sarebbe molto ridicolo e indelicato andare ad una rappresentazione dell'Opera in un vestito sportivo, molto usato, o viceversa andare in un locale modesto vestiti con straordinaria eleganza e lusso. Una persona delicata, non andrà mai a visitare parenti e conoscenti poveri in lussuosi vestiti di seta e velluto, in pellicce costose. Specialmente in campagna, p. e. quando si va in chiesa la domenica, non ci si vestirà secondo l'ultima moda cittadina, con riguardo al modo di pensare conservatore della popolazione provinciale.

A casa nostra comportiamoci in modo da non disturbare i nostri vicini. Canto, pianoforte, grammofono e altoparlanti sono nelle ore notturne o mattutine assolutamente intempestivi,  perché è probabile che gli altri in queste ore vogliano dormire. Ed anche di giorno appagheremo i nostri desideri musicali possibilmente a finestre chiuse. Se un nostro vicino è gravemente ammalato, la delicatezza ci impone di smetterla con i divertimenti rumorosi. Se teniamo in casa degli animali, educhiamoli in modo che non disturbino gli abitanti della casa, e non esigiamo delle eccezioni o privilegi.

Una speciale legge del rispetto è l'assoluta puntualità. Con questa, dimostriamo il rispetto che abbiamo per i nostri prossimi. Non a torto, dagli uomini puntali la mancanza di puntualità vien considerata come un atto di disprezzo offensivo. Assolutamente ridicola è poi la premeditata mancanza di puntualità, che da molti si pratica nella falsa supposizione che il far aspettare qualcuno sia «chic ed elegante». Al contrario — come disse Luigi XV — «L'exactitude est la politesse des Rois».

Specialmente quando si tratti di appuntamenti per strada, l'assoluta puntualità è indispensabile. Sarebbe ugualmente grave sgarbatezza il lasciar aspettar l'altra persona, anche se all'ora fissata fosse cattivo tempo. Generalmente si accetta il cosiddetto quarto d'ora accademico (tempo di aspettativa che si usa osservare dalle Accademie, p. e. per il principio d'una conferenza, ecc.), ma ciò non significa che si debba contare su questo quarto d'ora, che si deve bensì accettare, evitando di profittarne.

Possibilmente paghiamo i nostri piccoli debiti, p. e. ad operai, lavoranti subito, e non lasciamo aspettare troppo neanche il negoziante dove usiamo comperare, perché egli, temendo di perdere il cliente, non osa fare troppe reclamazioni, e con ciò può avere delle gravi difficoltà. Paghiamo subito specialmente i professori di lingua o altri insegnanti, i quali, spesso, non usano reclamare le loro spettanze. Un pagamento ritardato ha già molte volte causato la rottura di buone amicizie. Naturalmente sarebbe molto indelicato reclamare da qualcuno le nostre spettanze in presenza di persone estranee o anche di una terza persona, o di commettere l'indelicatezza, del resto abbastanza frequente, di scrivere sollecitazioni su cartoline postali aperte.

Non dobbiamo, però, nemmeno eccedere nella cortesia e dobbiamo sempre sapere fin dove possiamo andare. Troppa cortesia fa cattiva impressione e diviene spesso pesante. Ci sono p. e. delle persone che, terminata una visita, non possono finire di congedarsi. L'invito di rimanere ancora è spesso soltanto una formalità usuale, e si deve molto badare se sia veramente sincera. Perché accettare un simile invito, quando non sia sincero, è molto sgarbato e sgradevole. Se vediamo p. e. che l'ora della colazione o del pranzo s'avvicina, prendiamo subito congedo, specialmente se non siamo in amicizia intima con quella famiglia.

Se ci è toccato ripetutamente di non venir ricevuti in qualche luogo dove ci siamo recati a far visita, è raccomandabile — così esige la delicatezza — di smettere le visite e aspettare un invito. Non v'è nulla di più odioso che l'insistere ostinatamente a voler frequentare una società o un circolo dove non si è ben visti. E ci sono molte persone così fatte: queste naturalmente non possiedono neanche il minimo di delicatezza.

Per gli stessi motivi non conviene immischiarsi senza, senza essere invitati, in compagnie che sono in viaggio, voler partecipare ai giochi di società, offrirsi di accompagnare o far da guida a gente semi-sconosciuta, attaccare discorso senza motivo con gente estranea.

Anche dal modo in cui gli uomini osservano un nuovo «vis a vis», si può giudicare del loro tatto. Sguardi prepotenti, curiosi, scrutatori, che sembrano quasi volersi mangiare l'estraneo, sono sempre spiacevoli. Le persone indelicate naturalmente non badano ai sentimenti personali di chi è oggetto della loro sfacciata curiosità e poco importa loro ch'esso stia a disagio.

Il colmo dell'indelicatezza è poi quando uno, dopo aver fissato a lungo il povero diavolo che gli sta di fronte, fa cenni con gli occhi, sussurra qualcosa sottovoce ad una terza persona. E quante volte possiamo essere testimoni di simili sgarbatezze! Ad ogni modo è molto raccomandabile di frenare un po' i nostri occhi. La loro lingua muta può esprimere molte cose inopportune. Uno sguardo può essere diversissimo: può essere rispettoso, ardito, sfacciato, prepotente e provocante.

La curiosità è in ogni modo sempre fuori luogo. Non s aprono mai lettere altrui. Oltre alla sgarbatezza che si commette aprendo una lettera non indirizzata a noi, si può avere dei gravissimi conflitti con la legge. (Segreto epistolare).

Non si leggono nemmeno lettere che giacciono aperte sulla tavola, o cartoline postali. Se ci vengono affidate delle lettere da imbucare, non se ne esamina curiosamente l'indirizzo. Anche il costume, oramai purtroppo diffuso specialmente nei tranvai, di approfittare della lettura d'un altro guardando il giornale o il libro che sta leggendo, è una grave indelicatezza.

Stare ad origliare alla porta è disonesto. Il proverbio dice: «Chi sta in ascolteria, sente cose che non vorria». È proprio una debolezza di carattere, specialmente se il rispettivo discorso è tenuto a voce bassa. Peggio ancora che ascoltare abusivamente i segreti altrui, è di divulgarli. Una delle leggi fondamentali della delicatezza, che si può pretendere ad ogni persona, è quella che prescrive di tacere.

Non si riferiscono i pettegolezzi sentiti su un conoscente. Moltissime cose, confidate nelle ore di intimità, possono cagionare questione di onore, se non si è tenuta acqua in bocca. Il tacer in tal caso è dovere naturalissimo. È certo che mai si potrà estirpare del tutto i pettegolezzi e le dicerie, ma dipende da noi se vogliamo diffonderle di più. Un difetto assai grave della buona educazione e del tatto è l'usanza molto diffusa di lagnarsi e chiacchierare del marito o della moglie di amici o di amiche.

Una persona che ha il tatto di non immischiarsi negli affari altrui, non dà nemmeno consigli se non è richiesto; naturalmente, ove si trattasse di aiutare ad evitare una disgrazia o spiacevolezza a qualcuno, il tacere non sarebbe un servizio da amico.

Non dobbiamo invece tacere, se p. e. osserviamo dei difetti sui vestiti o nel comportamento dei nostri amici, anzi è nostro dovere renderli attenti, affinché possano porvi rimedio. Naturalmente troveremo anche persone che non ci saranno grate per tale servizio, anzi ne saranno eventualmente offese. Se osservazioni di tal genere vengono fatte a noi, siamo sempre garti alla rispettiva persona che ce le fa, senza superflue suscettibilità. Ad ogni modo la persona che fa l'osservazione, deve farla in modo che nessuno se ne accorga, in un momento opportuno, badando di non offendere. Passato il rincrescimento momentaneo, le saremo sempre grati, perché essa ci avrà impedito di continuare a produrre un'espressione sgradevole o comica per un difetto a noi sconosciuto, ma osservato da altri.

Per gli stessi motivi si deve trattare con molta delicatezza le persone verso le quali si è compiuto un atto di beneficenza. Se ostentiamo troppo la nostra cura per gli ammalati e i poveri, possiamo facilmente apparire affettati.

Asteniamoci, appunto per il riguardo che dobbiamo agli altri, dal frequentare locali o adunanze, se noi stessi siamo indisposti o ammalati. È poco delicato andare p. e. in qualche luogo dove c'è molta gente, con forte raffreddore o tosse. Se siamo di cattivo umore, se abbiamo qualche dispiacere, cerchiamo di nasconderlo agli altri, perché il portarlo appositamente in vista sarebbe una mancanza di tatto.

Il predominio su noi stessi è una esigenza fondamentale del buon contegno. Non si dovrebbe mai agire trasportati dall'eccitamento o dalla furia. In furia perdiamo tutto il giudizio che, eventualmente, possediamo in stato normale. La collera ci fa fare delle cose, spesso corbellerie, di cui poi ci pentiamo. L'unico consiglio giusto per questo caso è di dormirci un poco sopra. Il giorno seguente tutto avrà un altro aspetto, si avrà riacquistata la calma e si potrà agire, come deve agire una persona civile.

Al pari del cattivo umore, per agire delicatamente, si deve saper anche sopprimere certe simpatie ed antipatie. In società, cambiare con ostentazione il posto a tavola o piantare una persona meno simpatica in mezzo alla sala, sono sgarbatezze imperdonabili.

Generalmente un'occasione si presenta presto e facilmente da sé, ed allora possiamo cambiare senz'altro il nostro posto, senza offendere nessuno.

E qui attenti, cortesi lettori! Non facciamo mai la corte ad una bella signora o signorina, in modo che di questa nostra simpatia si accorga tutta la società. Noi dobbiamo distribuire imparzialmente le nostre gentilezze e cortesie, senza badare all'età ed alla bellezza esteriore. Almeno finché siamo in grande società dobbiamo agire cavallerescamente, ed occuparci anche delle meno belle.

I giovani hanno pieno diritto di divertirsi tra loro, ma non devono mai dimenticare il rispetto ed il riguardo che debbono agli adulti e specialmente ai vecchi. Il loro dovere è di essere sempre premurosamente cortesi et attenti verso i più vecchi.

Volendo cercare di frequentare una famiglia, si deve farlo successivamente e non all'improvviso. Escluso naturalmente il caso d'una offesa, quando si deve rompere i rapporti immediatamente, ma anche allora si deve badare a non offendere più del necessario, conviene trattenersi dal dichiararsi sul fatto di fronte a terze persone e specialmente non parlar male o con disprezzo della persona con cui abbiamo rotto i rapporti.

Se qualcuno, dopo un certo tempo di freddezza o risentimento, ci si riavvicina, dimostriamoci concilianti. Il tener broncio molto tempo non è dignitoso. Dipende poi dalle circostanze, in quale grado vogliamo ristabilire i nostri rapporti. Ma il pensare anche dopo molti anni ad una vendetta è prova di carattere duro e cattivo. E così si potrebbe proseguire ad enumerare a lungo esempi del vero tatto e della vera delicatezza. Ma crediamo che i casi citati siano già sufficienti per schiarire l'importanza di questo concetto fondamentale. Ogni singolo caso, dove il tatto entra in funzione, deve venire giudicato e risolto in modo speciale e particolare, ma colui che possiede veramente un fine senso del tatto, troverà sempre da se stesso il giusto modo di agire.

Il buon gusto

Ciò che nei rapporti degli uomini tra loro significa il tatto, nei loro rapporti colle cose è il gusto. Il gusto per se stesso non ha nulla a che fare col buon contegno, ma come espressione d'un senso più fine per le cose e gli oggetti che ci circondano, è necessario per raggiungere la cultura che ci dà poi il modo di vivere raffinato  ed è altrettanto indispensabile del senso del tatto nei rapporti cogli uomini. Com'è ridicolo e indelicato di visitare gente povera in vesti di lusso, altrettanto è impossibile e comico di arrampicarsi sui monti in cappello duro e pantaloni lunghi. Come è indelicato disturbare una persona assorta nelle sue devozioni con una barzelletta qualunque, altrettanto è senza gusto turbar la pace e la bellezza d'un paesaggio canticchiando un «couplé» trito e ritrito.

«È questione di gusto» si usa dire, volendo con ciò esprimere che ognuno deve agire secondo il proprio gusto, poiché una cosa che piace ad uno, può dispiacere in sommo grado all'altro. Certo che l'intendimento del buon gusto può vacillare in ogni singolo caso, ma soltanto tra certi limiti.

Il concetto del gusto è dunque qualcosa di assoluto e obbiettivo, come esiste anche la bellezza assoluta, se si escludono le opinioni ed intendimenti delle singole persone.Se vogliamo frequentare una buona società, dobbiamo prender in considerazione il gusto assoluto.

Per citare un esempio molto chiaro: immaginatevi una bella signora che si comporta veramente bene ed ha dei movimenti graziosi, ma indossa un vestito rosso vivo, calze verdi e scarpe blu. Malgrado la sua bellezza fisica ed il suo spirito gentile, essa farebbe un effetto veramente ridicolo.

Il gusto si rivela non soltanto nel modo di vestirsi di una persona, o nell'arredamento d'una casa o nel coltivamento d'un giardino, ma in tutto il modo di vivere. Così il gusto diviene l'espressione della propria individualità, dell'effetto d'assieme che fa sul mondo che lo circonda.

Il vero buon gusto s'impara molto più difficilmente della delicatezza. Certamente si potrà imparare moltissimo seguendo buoni esempi. Un poco di senso artistico e l'occuparsi di belle arti, agevoleranno certamente lo sviluppo del nostro gusto. Vedendo l'armonia delle cose, diverremo armoniosi anche noi, cioè anche il nostro gusto si farà più armonioso. L'arte ci sarà molto utile e di grande aiuto per apprendere il buon gusto.

Le belle maniere

Ciò che i francesi chiamano «bon ton» e che noi possiamo tradurre con «il tono giusto» non è, come dice la parola stessa, qualcosa di assolutamente stabile. Come nella musica, possiamo riscontrare nella vita sociale stonature e stridori in mezzo all'armonia orchestrale.

Il tono giusto, dunque, sarà quello per cui l'individuo saprà adattare la propria personalità all'indole delle circostanze, all'intonazione dell'ambiente. Chi, cioè, agirà «armonicamente» al mondo in cui vive, sarà il campione delle «belle maniere»

La sola conoscenza delle  regole della società, delle leggi del buon contegno non è sufficiente per l'acquistarsi delle buone maniere. Il grande poeta tedesco, Johann Wolfgang v. Goethe dice anche: «Non basta sapere, si deve anche farne uso». Si può benissimo imparare in una scuola da ballo i passi del ballo, ma si rimane sempre un cattivo ballerino, se si tralascia di ballare dopo aver preso le lezioni. Soltanto una pratica abbastanza lunga può darci la perfezione. Così è anche col buon contegno; mai una persona si può comportare veramente bene, se vuole avere soltanto occasionalmente delle buone maniere e, passata l'occasione solenne, cade di nuovo in un contegno volgare. La rispettiva persona che ci tiene a venire considerata come una persona beneducata, deve avere ed adoperare sempre e dappertutto le buone maniere. Chi vuole soltanto dimostrare in certe occasioni, quando va in società, che si sa comportare convenientemente, ben presto attirerà su di sé l'attenzione di una società distinta, colla sua goffaggine ed il suo comportamento non naturale, e farà brutta figura.

Colui che si serve costantemente delle buone forme e maniere, ci si abitua tanto da non poterne fare a meno, tanto che gli sarebbe impossibile di vivere ed agire altrimenti. Un tal uomo non dimenticherà mai le convenienze sociali, non si sentirà smarrito in una compagnia estranea, nuova, e si comporterà in ogni situazione con sicura e distinta naturalezza.

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